Gli albi illustrati tra arte e moda 1. Sonia Delaunay e gli anni Dieci

Gli albi illustrati tra arte e moda 1. Sonia Delaunay e gli anni Dieci

24 Marzo 2020 Off Di Claudia Pazzini

Il dialogo tra arte e moda diventa particolarmente fecondo alla fine dell’Ottocento, quando l’industrializzazione pone l’artista di fronte ad una nuova sfida:  intervenire sull’estetica del prodotto industriale per evitarne il degrado qualitativo oppure opporre resistenza con un nuovo artigianato artistico. Nascono, così, movimenti artistici come l’Arts and Crafts di William Morris, la Secessione viennese di Klimt  e il Bauhaus la cui ricerca di dialogo tra arti applicate, arti decorative, moda e pittura  influenzerà profondamente la cultura  europea fino agli anni Trenta del XX secolo.

Giacomo Balla indossa un abito futurista da lui ideato

Nell’estetica del Futurismo “l’arte è moda” come proclama
Assioma di Ardengo Soffici in Primi principi dell’estetica futurista, è stile di vita; l’artista futurista esce dallo spazio del quadro per intervenire sulla realtà. Giacomo Balla scrive nel 1914 il manifesto dell’abito futurista antineutrale  che abolisce tinte neutre e la simmetria del taglio in favore di dinamismo e colori accesi. Balla e Depero nel 1915 firmano il manifesto programmatico del movimento: Ricostruzione futurista dell’universo. Depero nel 1923 inventa il panciotto futurista indossato unicamente dai membri dell’avanguardia durante eventi pubblici come segno di una diversità provocatoria e rivoluzionaria: il meraviglioso irrompe nel sistema.
(E ci vorrebbe a mio avviso un bell’albo illustrato non di taglio didattico ma scenografico a raccontare la moda futurista e i grandiosi Balla e Depero, come mai nessuno ci ha ancora pensato?!).

I panciotti futuristi disegnati da Fortunato Depero

In questo clima di rinnovamento estetico degli anni Dieci emerge anche una donna straordinariamente creativa, Sonia Delaunay. Al contrario dei futuristi che ricercavano forme innovative dal forte valore comunicativo ed estetico, la pittrice si concentra sull’effetto dinamico della veste, caratterizzata dall’assemblaggio di tessuti diversi, con colori contrastanti e forme astratte. Una coperta cucita per suo figlio, fatta con collage di pezzi di stoffa colorati, secondo la tradizione delle contadine russe, farà scoprire a Sonia la potenza espressiva dell’arte astratta.

Sonia Delaunay, coperta per culla, 1911.

L’albo Sonia Delaunay una vita a colori, scritto dalla curatrice museale Cara Manes e illustrato da Fatinha Ramos, edito originariamente dal Moma di New York e in coedizione italiana da Fatatrac, inizia proprio con suo figlio Charles che, rovistando in un cassetto, ritrova la coperta multicolore e se ne fa raccontare la storia che non riguarda la famiglia ma la bellezza dei colori: “quando li ascolto, sono loro a dirmi cosa creare” risponde l’artista.
Il racconto innescato dalla coperta diventa un viaggio immaginario  tra le opere materne fino ad arrivare ad un negozio che vende le stoffe disegnate da Sonia, pura arte da indossare. Il bambino decide di farne esperienza infilandosi un pigiama ideato dalla madre che subito lo trasporta nel mondo delle sensazioni vissute durante la giornata attraverso i colori.


Sonia Delaunay una vita a colori, Cara Manes e Fatinha Ramos © Fatatrac Moma, 2018

Liberato dal vincolo della mimesi, il colore astratto genera un nuovo linguaggio creativo che i Delaunay definiscono simultaneismo. E’ così che Sonia inizia a produrre una serie di oggetti simultanei, inventa l’abito-poema e l’abito simultaneo in cui cattura il movimento del colore, trasformando il corpo in un quadro vivente e costumi teatrali per Tzara; opere visibili in un imagier pop-up, Madame Sonia Delaunay, pubblicato dalla Tate Gallery, in cui lo sguardo del piccolo lettore danza insieme al movimento delle forme geometriche che, animate dai meccanismi della cartotecnica, per mano dell’artista Gérard Lo Monaco, trasformano l’esplorazione di queste opere d’arte in un’ esperienza fiabesca, in un giro di giostra che dà ebbrezza.

Madame Sonia Delaunay, Gérard Lo Monaco © 2014 Tate Enterprises Ltd ©2014 Paris Musée, les musées de la ville de Paris; design originale degli abiti di Sonia Delaunay ©Pracusa  2013057

Arte e moda diventano un binomio sempre più stretto nel corso del XX secolo. Dopo l’apertura della maison parigina di Frederik Worth nel 1858 il mercato sartoriale vive una rivoluzione profonda: dalle commesse delle nobildonne si passa alle collezioni create dal sarto e presentate da modelle. Nasce l’alta moda.  Ad inizio secolo il decorativismo orientaleggiante di Paul Poiret e il classicismo di Madeleine Vionnet ispirato all’arte greca dimostrano come l’arte abbia raggiunto un ruolo formativo in tutti i settori della vita. Poiret in particolare è il couturier più influente degli anni Dieci, promotore dell’Art Déco. Ispirandosi ai movimenti pittorici del tempo come cubismo, futurismo e fauvismo e ai costumi dei balletti russi disegnati da Matisse, Picasso, Sonia Delaunay, il sarto sviluppa il suo decorativismo d’avanguardia. Su Poiret è stato pubblicato in Olanda dal Kunst Musem Den Haag un albo illustrato non ancora tradotto in altre lingue: Paul Poiret dromen van de oriënt , scritto e illustrato da Enzo Pérès Labourdette di cui qui è possibile vedere le raffinate illustrazioni, nell’attesa che qualche editore europeo voglia investire in questo bell’albo purtroppo poco conosciuto.

Enzo Pérès Labourdette, Paul Poiret dromen van de orient, Leopold Gemeente Museum Den Haag

Nascono le officine domestiche di design d’artista come la Casa Sonia a Barcellona e l’Atelier Simultané a Parigi della Delaunay,  la Casa d’Arte Futurista di Depero a Rovereto, la casa atelier di Balla a Roma, l’Atelier Martine di Poiret. La moda diventa quindi arte da collezionare e indossare, basti pensare alla collezionista d’arte Peggy Guggenheim che costruì il suo look con i raffinati vestiti di Mariano Fortuny e di Paul Poiret, gli orecchini cinetici simili a mobiles di Yves Tanguy e Alexander Calder e i famosi occhiali di Edward Melcarth, accessori e indumenti che la trasformarono in un’icona di stile[.

Peggy Guggenheim con gli orecchini di Alexander Calder